PSICOLOGIA
L'INFLUENZA DEL CONTESTO SUL COMPORTAMENTO MALVAGIO NELLA TEORIA DI ZIMBARDO
Un altro esperimento molto noto in psicologia sociale è sicuramente quello di Zimbardo sulla prigione simulata: attraverso questo esperimento venne confermato che nel carcere i comportamenti violenti e brutali dei prigionieri e delle guradie sono causa del contesto.
Zimbardo riprese alcune idee dello studioso francese del comportamento sociale Gustave Le Bon, in particolare la teoria della deindividuazione,
la quale sostiene che gli individui di un gruppo coeso costituente una
folla, tendono a perdere l'identità personale, la consapevolezza, il
senso di responsabilità, alimentando la comparsa di impulsi antisociali. Tale processo fu analizzato da Zimbardo nel celebre esperimento, realizzato nell'estate del 1971 nel seminterrato dell'Istituto di psicologia dell'Università di Stanford, a Palo Alto, dove fu riprodotto in modo fedele l'ambiente di un carcere. Tramite un annuccio su un giornale, lo psicologo reclutò 75 studenti universitari. Gli
sperimentatori ne scelsero 24, maschi, di ceto medio, fra meno attratti da comportamenti devianti; furono
poi assegnati casualmente al gruppo dei detenuti o a quello delle
guardie, con tanto di abbiggliamento archetipico dei due gruppi. Tale contesto poneva
entrambi i gruppi in una condizione di deindividuazione.
I risultati di questo esperimento dimostrarono furono particolarmente
drammatici ed andarono al di la di quello che ci si poteva aspettare.
Dopo solo due giorni i detenuti si strapparono le divise di dosso e si barricarono
all'interno delle celle inveendo contro le guardie; queste iniziarono a
intimidirli e umiliarli cercando in tutte le maniere di spezzare il
legame di solidarietà che si era sviluppato fra essi. Le guardie
costrinsero i prigionieri a cantare canzoni oscene, a defecare in secchi
che non avevano il permesso di vuotare, a pulire le latrine a mani
nude. A fatica le guardie e il direttore del carcere (lo stesso
Zimbardo) riuscirono a contrastare un tentativo di evasione
di massa da parte dei detenuti.
Al quinto giorno i prigionieri
mostrarono sintomi evidenti di disgregazione individuale e collettiva:
il loro comportamento era docile e passivo, il loro rapporto con la
realtà appariva compromesso da seri disturbi emotivi, mentre per contro
le guardie continuavano a comportarsi in modo vessatorio e sadico. A
questo punto i ricercatori interruppero l'esperimento suscitando da un
lato la soddisfazione dei carcerati e dall'altro un certo disappunto da
parte delle guardie.
Zimbardo afferma dunque, che nella costituzione di un comportamento malvagio, esiste un passaggio in cui l'individuo si spoglia della sua identità, e la sua condotta non è più determinata dalla volontà, ma dalle norme istituzionali: grazie ad esse possono liberarsi impulsi libidici, ed aggressi, inconsci dunque. Questo processo sarebbe favorito dalla deumanizzazione, dunque la dissociazione dalla sfera umana e morale. In questo senso, la politica antisemitistica della seconda guerra mondiale, sarebbe servita proprio perportare gli altri individui alla dumanizzazione, e ad acconsentire lo sterminio.
In un certo senso potremmo dire che vi è un'acquisizione di una nuova identità sociale: l'identità del gruppo. Infatti, secondo Urie Bronfenbrennen sarebbe l'adesione al ruolo un fattore determinante di questo comportamento: gli individui si impegnano a conformarsi a caratteristiche che ritengono appartententi al ruolo e si sentono obbligati ad aderirvi.
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