KANT E LA LEGGE DEL DOVERE
Kant ha insegnato pedagogia tra il 1776 e il 1787. La sua riflessione partiva da alcuni testi di pedagogia, dai quali poi si è distaccato, di Rousseau e a Locke. La pedagogia di Kant era prganizzata in diversi momenti: l’Introduzione, dedicata ai problemi di pedagogia generale; l’Educazione fisica o naturale, dedicata alla dimensione strettamente fisica e anche a quella intellettuale; l'Educazione pratica o morale, dedicata all'abilità, alla sagacia e alla moralità.
L'educazione è considerata come un'esigenza primaria dell’uomo. L'uomo infatti è quello che è proprio grazie all'educazione. Questo cammino verso la realizzazione piena dell'umanità prosegue di generazione in generazione. Attraverso l'educazione si può arrivare a sviluppare le potenzialità umane e le conoscenze. Secondo Kant nella natura dell’uomo risiede un’animalità istintuale che deve essere disciplinata dall’esterno per poi essere sottomessa alla ragione. Gli istinti devono essere sottomessi dalla disciplina, che ha così un compito negativo; mentre l’istruzione deve servire per insegnare a pensare e raggiungere i propri scopi ed in quest'ottica assume un compito positivo. Accortezza e moralità si possono sviluppare grazie alla formazione pratica.
Quello che differenzia l'uomo dagli animali è invece la capacità di porsi una legge morale. L’educazione pratica riguarda l’agire dell’uomo e comprende l’abilità, la prudenza e la moralità. La prima deve diventare una maniera di pensare; la seconda la capacità di servirsi dell’abilità; e la terza il dominio delle passioni realizzato dal carattere. Il carattere di un giovane si può formare attraverso un esercizio costante del dovere verso se stessi e verso gli altri. Kant associa quindi la moralità all’obbedienza, cioè ad una legge morale che comanda di agire in senso universale ed è libera da fini particolari e da moventi esterni. Kant pensa che per sua natura l’uomo non sia né buono né cattivo. Può diventare moralmente buono grazie alla virtù (padronanza di se). Si deve uscire dallo stato di natura evitando l’insorgenza di vizi indotti dalla società, accettando i giusti principi e una avversione interiore verso tutto ciò che è moralmente spregevole. Il timore della propria coscienza dovrà sostituire il timore di Dio o degli uomini come determinante dell’azione.
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