DALLA DEVIANZA INDIVIDUALE ALLA DEVIANZA ORGANIZZATA
Il sociologo Howard Becker, nel suo libro più celebre, Outsiders, del 19633, fornisce le basi per la celebre teoria di etichettatura, centrale per capire la sua visione sociologica, che va ad intersecarsi con la già esistente teoria della devianza.
La devianza può essere definita come la non conformità alle regole comunemente accettate. La definizione è apparentemente semplice, ma il fenomeno che essa cerca di spiegare è assai più complesso.
Non tutti i comportamenti classificati come devianti hanno lo stesso valore e le stesse conseguenze: non salutare, per esempio, è una forma di devianza molto diversa dal rubare o dal togliere la vita ad una persona. Nel primo caso, si tratta di atti solo disapprovati, gli altri sono anche sanzionati penalmente e pertanto costituiscono comportamenti criminali: c'è dunque una differenza abissale tra anticonformismo e criminalità. La criminalità è un caso particolare della devianza.
Ad ognuno di noi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di comportarsi in un modo non conforme alle norme di etiche della società, ma non per questo, siamo stati etichettati come devianti: l’etichetta di “deviante” è attribuita solo a coloro che violano abitualmente le norme sociali. In questo caso, si parla anche di ruolo deviante. Il vero deviante è, dunque, colui dal quale ci si attende un’infrazione costante e generalizzata delle regole sociali.
Come molto spesso accade, si parte da una devianza individuale, per poi sfociare in una devianza di gruppo: parliamo in questo caso di subculture, o sottoculture, devianti.
È stato dimostrato che, soprattutto nelle bande delinquenziali giovanili, il comportamento deviante è incrementato e portato avanti, nonostante si sappia di star deviando (quindi che l'azione che si sta compiendo non è corretta socialmente) dal fatto che assicura a chi lo compie popolarità all’interno del gruppo. In questo caso, entra inoltre in gioco un altro fattore: per molti giovani che vivono in un ambiente sociale degradato e non hanno la speranza di raggiungere obiettivi sociali elevati, il farsi valere in una banda delinquenziale può rappresentare un tentativo di sfuggire all’emarginazione.
Il sociologo Howard Saul Becker è considerato uno dei maggiori interpreti, assieme a Erving Goffman, della teoria dell’etichettamento . Secondo questo approccio, il deviante altri non è se non colui che viene definito tale (etichettato) dalla società. La devianza non è quindi una qualità dell’atto compiuto da un soggetto, ma il risultato della reazione della società che classifica quell’atto come deviante.
E importante però definire che, paradossalmente, non è tanto il comportamento in sé a spingere un individuo verso la devianza, quanto piuttosto la reazione della società nei suoi confronti: l’individuo che ha violato una norma viene etichettato come deviante o criminale ed è spinto ad accettare questo ruolo, ad intraprendere la carriera di deviante.
Secondo questa teoria, la carriera di deviante, può essere suddivisa in tre tappe:
1) l’individuo compie, volontariamente o meno, un atto che viola una certa norma;
2) il soggetto viene arrestato, processato ed etichettato come deviante; ciò comporta un mutamento della sua identità pubblica: ora, egli ha un nuovo status e un diverso ruolo: quello di deviante, appunto; anche una volta scontata la pena, viene emarginato dalla società, di fatto non può più
intraprendere attività legittime; viene, così, spinto verso la carriera criminale anche perché non sembra avere alternative possibili;
3) il soggetto entra a far parte di un gruppo deviante organizzato e si riconosce ormai a tutti gli effetti come deviante.
Va infine precisato che la teoria dell’etichettamento non vuole certamente escludere la responsabilità dell’individuo rispetto alla devianza, bensì sottolineare come le istituzioni che dovrebbero risolvere certi problemi spesso possono complicarli o, addirittura, crearli.
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