Paul Watzlawick, nato a Villach (Austria) nel 1921, consegue il dottorato in filosofia e lingue moderne all’Università di Venezia nel1949 e il diploma di analista al Jung Institut di Zurigo nel 1954, a partire dal 1957 insegna per tre anni all’Università di San Salvador.
Nel 1960 entra nel gruppo di Gregory Bateson al MRI, appena fondato da Don Jackson, diventando il principale portavoce della Scuola di Palo Alto che non lascia più; dal 1976 è anche docente presso il Dipartimento di psichiatria e scienza comportamentale nella Stanford University
I suoi studi sulla comunicazione e sul cambiamento superano le barriere disciplinari: trovano applicazione in qualunque contesto siano coinvolte le relazioni dell’individuo con se stesso, con gli altri e con il mondo, arrivando dunque anche alla fisica, l'economia e le scienze umane. La sua teoria va infatti oltre il campo di applicazione, arrivando a scoprire come l'essere umano inventa la sua realtà.
Infatti ottenne moltissimi successi: diede ispirazione a molti altri pensatori suoi successivi. Basti pensare che la stessa scuola di Palo Alto, citata prima, non esisterebbe senza il suo contributo. Ma che cos'è la scuola di Palo Alto? Essa è il centro dove per la prima volta andò a svilupparsi la teoria sistemica, applicata alla terapia familiare, alla quale Watzlawick deve la sua fama in maniera più consistente.
Vediamo più nel dettaglio la sua teoria.
L'approccio sistemico spiega il comportamento dell'individuo in relazione all'ambiente in cui esso è vissuto e sulla rete di comunicazioni di cui egli è parte. Infatti, ogni gruppo sociale(famiglia, azienda, ecc.) è un sistema. Dunque, i problemi di una singola parte del sistema possono andare ad influenzare l'intero sistema e gli altri componenti. Il sintomo non viene considerato come un problema del singolo, ma dell'intero sistema.
Lo psicologo (o gli psicologi: le sedute sono guidate da due o più terapeuti: uno attivo, che conduce il colloquio, gli altri in funzione di supervisori)dovrà, in questo contesto, osservare le modalità di relazione e modificare i modelli disfunzionai presenti nel contesto entro il quale il disagio del soggetto è emerso, stimolando le risorse e rafforzando il funzionamento individuale.
Per rendere questo possibile sarà necessario che il terapeuta indaghi la storia delle relazioni inter-gruppo con l'obiettivo di comprendere come i sono costruite le mappe attuali, quali dinamiche, quali fattori, quali legami hanno contribuito all'emergere del sintomo o del problema. Inoltre esplora la funzione che il sintomo riveste per i membri del sistema in esame, infatti esso esiste, si consolida e si alimenta solo se svolge una funzione utile a tutti i componenti della famiglia, seppur in modo doloroso. Il processo terapeutico è orientato a cercare un significato al di là del comportamento sintomatico e a lavorare sugli effetti pragmatici che la diagnosi ha sulle dinamiche interpersonali del sistema relazionale in esame.
Il terapeuta lavora individualmente o coinvolgendo l'intero sistema(il sistema che viene più spesso sottoposto alla terapia è la famiglia).
In base alle problematiche individuate, lo psicologo darà dei compiti da svolgere al gruppo, sia direttamente in seduta, che anche nel contesto privato, con la finalità di individuare modi alternativi e meno dolorosi per rinnovare le relazioni e i modelli del sistema.
L’intervento si struttura in genere in un numero di sedute ridotte e in tempi relativamente rapidi: si va da pochi mesi a un massimo di 2-3 anni; le sedute possono essere distanziate, ma intensive (anche 2 ore).
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